Words, Special Edition

Il design contemporaneo è sempre meno una questione di stile e sempre più una questione di visione. In Italia, così come nel panorama internazionale, stiamo assistendo a una trasformazione radicale del ruolo del designer: da “risolutore di problemi” a “facilitatore di processi”, da autore solitario a promotore di reti e collaborazioni. È il design che sta attraversando una fase di ridefinizione profonda: da linguaggio di forma a linguaggio di relazione. Non a caso Ezio Manzini, nel suo ultimo lavoro Livable Proximity, sottolinea come il design oggi debba occuparsi di prossimità e relazioni, di nuove forme di cooperazione capaci di rigenerare legami, territori, energie.

Il design non è mai stato solo una questione estetica. È, piuttosto, una forma di attenzione. Verso il mondo, verso gli altri, verso ciò che ancora non esiste ma potrebbe esistere.

In un’epoca segnata da sfide complesse, frammentazione e urgenze globali, la vera leva progettuale è diventata la capacità di attivare connessioni. Il design non è più solo ciò che si vede, ma ciò che si genera insieme: idee, azioni, impatti.

Questo vale tanto nei grandi studi quanto nei laboratori scolastici, nelle accademie, nei coworking e nei piccoli contesti locali dove il design si sperimenta in modo diretto, concreto, dialogico.

Partecipare oggi non è un’opzione accessoria: è una postura necessaria. Non si tratta solo di essere presenti, ma di sentirsi parte. Far parte di un gruppo, di un progetto, di un’idea. Condividere uno scopo. È questo il punto da cui tutto prende forma. Si progettano connessioni, non solo oggetti. Come afferma la designer e teorica statunitense Liz Sanders, “Design is becoming a mindset, not just a process or a profession”.

Il design ha sempre avuto a che fare con l’umano, con i suoi bisogni e i suoi desideri. Ma la vera sfida è progettare tra umani, tenendo insieme differenze, punti di vista, bagagli culturali. Lavorare insieme significa – o dovrebbe significare – sospendere l’ego per accogliere l’altro, riconoscere il valore delle competenze altrui, mettere in comune esperienze e linguaggi.

Sopratutto in un’epoca complessa e contraddittoria come questa: sempre più connessa, sempre più individualista. In un contesto del genere, scegliere la partecipazione è un atto di coraggio. Vuol dire esporsi, accettare il confronto, lasciare spazio all’altro. Ma è anche una scelta strategica: perché è solo mettendo in comune visioni e competenze che possiamo affrontare le complessità che ci circondano.
Non serve essere tutti uguali per far bene. Anzi, è proprio nell’eterogeneo che fiorisce l’innovazione. Come diceva Bruno Munari, “con l’arte e il design si può fare tutto: basta un po’ di curiosità e tanta voglia di fare insieme.”

La curiosità, infatti, è il vero carburante di ogni processo creativo. Ma è una curiosità che cresce se è nutrita da altri sguardi, se si lascia contaminare, se si apre al confronto, anche al disaccordo. È in quel momento che un’idea evolve, che un’intuizione diventa progetto, che una tensione genera forma.

In questi mesi, IDEAcademy ha cercato proprio questo: creare spazi di scambio, momenti di confronto autentico, esperienze in cui il design fosse vissuto non come disciplina isolata, ma come pratica condivisa. Il progetto DESIGN IN THE CITY ne è il simbolo perfetto: città e design che si incontrano, studenti e studentesse che si misurano con la realtà, con le comunità, con il lavoro sul campo.

E allora, in questo ultimo evento prima dell’estate, vogliamo dire grazie.

Se oggi possiamo dirci soddisfatti, lo dobbiamo a tutti coloro che hanno contribuito con energia, dedizione, passione.
Grazie a chi ha messo in gioco la propria creatività con coraggio.
Grazie a chi ha imparato, insegnato, discusso, partecipato. A chi ha portato dentro l’aula le proprie idee e fuori dall’aula il proprio impegno.
Grazie a chi ha creduto che il design possa essere uno strumento di trasformazione, personale e collettiva.

Grazie alle studentesse e agli studenti per l’energia e la curiosità instancabile.
Grazie a docenti, staff, tutor, collaboratori per la generosità e l’impegno.
Grazie alla grande famiglia di SudFormazione per la visione e il supporto.
E grazie ai partner, che continuano a credere
in un’idea di formazione che unisce pensiero
e pratica, sguardo e azione.

Ora, è il momento giusto per un break, ma il design, per sua natura, non si ferma.
Continua a chiedere, ad ascoltare, a connettere.
E noi con lui.

Buona estate.
Buona partecipazione.
Buon progetto, sempre.

E se è vero che anche il riposo è parte del processo creativo, allora godiamoci queste settimane di sole, di lentezza, di mare, di libertà.
Perché anche il divertimento, l’ozio creativo, l’aria aperta e le pause condivise fanno parte della formazione. Nutrono l’immaginazione,
ricaricano le energie, lasciano spazio alle intuizioni più inaspettate.

Che sia quindi un’estate leggera ma fertile.
Un tempo di cura e scoperta. Un tempo di idee che, come conchiglie raccolte sulla riva, sapremo portare con noi alla ripresa.

G. Santoro 
Coordinatore del biennio di “Graphic Desgin e Comunicazione” , Docente e Responsabile brand IDEA e SudFormazione

Leggi questo e altri consigli su IDEA_Pills di Gennaio
idee, spunti e appunti del mese

Potrebbe piacere a un tuo amico? Condividilo

Facebook
Twitter
LinkedIn
libri design

Books, Maggio

I nostri consigli di lettura Le notti bianche  Fëdor Dostoevskij scopri di più Molto difficile da dire  Ettore Sottsass scopri di più Il sogno  Vogue

Leggi l'articolo »
idea pills words

Words, Maggio

Viviamo in un’epoca che celebra la velocità, l’innovazione, l’inedito. Ma sotto la superficie abbagliante del nuovo si agitano domande più profonde: che cosa resta? Che

Leggi l'articolo »